L' Assetto
PREMESSA
Ho deciso di affrontare l’argomento dell’assetto nel 1° Stage di Equitazione Comparativa presso il Centro Internazionale del Cavallo, perché tale aspetto appare sempre più trascurato nella pratica equestre anche di alto livello. Si vedono cavalieri gareggiare con assetti non corretti ed istruttori insegnare ai propri allievi l’esecuzione di movimenti avanzati senza che quest’ultimi abbiano innanzitutto acquisito una gestione consapevole delle varie parti del proprio corpo e una conoscenza approfondita della loro influenza sulla biomeccanica del cavallo.
Eppure ogni teoria o linea di pensiero in equitazione non può prescindere da un corretto rapporto tra il corpo del cavaliere e quello del cavallo, in quanto la sua implementazione risulterebbe poco o affatto dimostrativa delle proprie tesi.
Il conoscere non solo il “perché” ma anche il “come” è il fondamento dell’equitazione razionale, e l’assetto del cavaliere ne è la sua espressione.
Tale tema, determinante sulla qualità dell’ equilibrio e dei movimenti del cavallo, è senza dubbio alquanto complesso, in quanto coinvolge due anatomie, due biomeccaniche ed aggiungerei anche due psiche.
Tralascio in queste mie brevi note molti aspetti che richiederebbero una trattazione molto più corposa (anatomia, etc.); mi limiterò a stendere alcune osservazioni provenienti da studi che hanno affrontato tale argomento in modo specifico e soprattutto da mie personali esperienze.
LE ESTREMITA’ E IL CENTRO
In genere quando si parla delle interrelazioni tra cavallo e cavaliere, nei manuali così come anche nei testi classici, viene posta molta attenzione alle cosi dette estremità di entrambi: si descrive con minuzia come si muovono e devono muoversi gli arti del cavallo nell’esecuzione delle andature di base così come nell’esecuzione di alcuni movimenti avanzati, come deve atteggiarsi l’incollatura e la testa affinchè possa riferirci della corretta disposizione fisica ed anche morale del cavallo, così come dello stato della sua bocca, e della sua coda.
Si descrivono altresì le posizioni che la parte inferiore delle gambe del cavaliere deve assumere affinchè il cavallo risponda ed esegua correttamente quanto richiesto e i vari usi delle redini e conseguentemente delle mani, e la qualità del loro rapporto con la bocca del cavallo.
Estremità, dunque.
In verità vengono descritte anche le linee guida della posizione delle varie parti del corpo del cavaliere, il loro allineamento, gli errori e le asimmetrie più comuni (che tralascio pertanto di affrontare in questa sede), si parla anche della schiena del cavallo e del ruolo del peso, ma il rapporto stretto e complesso che intercorre tra i due centri, quello del cavaliere e quello del cavallo, viene raramente investigato nei suoi vari aspetti più minuti.
Eppure i grandi cavalieri sono tali perché sanno focalizzare la propria attenzione sull’interfaccia tra loro schiena e quella del cavallo: un benché minimo movimento di quest’ultima diviene infatti un grande movimento nel frattempo che si connette con i posteriori.
I cavalli reagiscono alla presenza del cavaliere sulla loro schiena in uno dei due modi: o allontanano la schiena e i fianchi dal contatto con il sedere e le gambe del cavaliere, o cercano il contatto con essi.
E questi modi si estendono fino alle estremità ma si originano al centro, al modo in cui il cavaliere siede sul cavallo. Il cavaliere deve agire come un telaio intorno al corpo del cavallo piuttosto che un peso su di esso.
A tal fine bisogna che il proprio peso sia distribuito su un’area più vasta di quella costituita dal contatto con il seggio della sella e interessi pertanto anche la parte interna delle cosce.
I muscoli lunghi della schiena del cavallo infatti sono muscoli di movimento e non sono adatti a sostenere troppo peso, ecco perché è opportuno distribuirlo in modo da interessare anche i latissimus dorsi.
Capire la schiena del cavallo significa avere un tale controllo su di essa da poter anticipare mancanza di equilibrio, ridistribuirlo e essere capace di risolvere resistenze localizzate.
Usando le varie parti del proprio assetto, che è composto dal torso, dal bacino, dagli ischi e dalla parte alta delle gambe, si può intervenire sulle anche, sulle spalle, sulle schiena stessa del cavallo ed essere in grado di determinarne posizione e direzione.
A tal fine l’azione dei muscoli coinvolti nell’assetto, addominali, muscoli della schiena, e quelli che connettono il bacino con le cosce, devono operare in modo minuto.
L’assetto dirige l’orchestra e la discesa degli aiuti di gambe e mani ne sono l’espressione.
L’EQUILIBRIO
La presenza del cavaliere sulla schiena del cavallo è determinante in termini di equilibrio, sia sul piano longitudinale che laterale.
Ci sono due criteri per un posizionamento bilanciato: il primo è che il centro di gravità del cavaliere si trovi sulla sua base di supporto; il secondo è che il peso del cavaliere sia portato dalle estremità del cavallo nella stessa proporzione di quello del cavallo stesso.
Non è sempre esatto pensare che si debba distribuire il proprio peso in modo che sia portato di più dai posteriori, perché in tal modo si finirebbe per sovraccaricarli.
Il segreto della buona equitazione risiede nel controllo del centro di gravità del sistema cavaliere/cavallo.
Se il centro di gravità del cavaliere è in avanti rispetto a quello del cavallo, quest’ultimo può o portarlo sotto quello del cavaliere allungandosi o convivere con ciò ed allora il movimento dei suoi anteriori diventa ristretto.
Se invece il centro di gravità del cavaliere è indietro rispetto a quello del cavallo, quest’ultimo non si siederà su se stesso portando indietro il suo centro di gravità, ma resisterà l’aggravio o aumentando la forza propulsiva dei posteriori, o convivendo con ciò con movimenti dei posteriori che saranno ristretti.
Non è corretto pensare che più si pressano i posteriori più questi come molle rimbalzino; in realtà così facendo si otterrà il risultato di fermare l’effetto trampolino.
Il cavaliere in grado di controllare il posizionamento di entrambi i centri di gravità può influenzare il cavallo sia sul piano longitudinale utilizzando l’equilibrio e la sua perdita a suo vantaggio (portando indietro il suo centro di gravità eseguirà le estensioni, riallineandosi quelle riunite) sia sul piano laterale.
IL BACINO E GLI ISCHI
Il bacino è ciò che ci connette più strettamente con il cavallo.
I movimenti della schiena del cavallo non devono essere accompagnati dalla porzione lombare della schiena del cavaliere ma dal bacino attraverso la mobilità dell’articolazione dell’anca.
Solo in questo modo è possibile mantenere un contatto fermo dei due ischi con la schiena del cavallo, ed evitare il cosi detto spazzolamento della sella.
La posizione degli ischi non deve variare se non per comunicare.
L’educazione del cavallo all’ascolto dei movimenti del bacino del cavaliere lo renderà molto sensibile alle richieste di quest’ultimo, a tal punto che un alt, un mezzo-alt o un rallentamento di andatura potranno essere richiesti fermando o semplicemente variando il tempo di apertura e chiusura degli angoli dell’articolazione dell’anca.
A tal fine è fondamentale essere capaci di utilizzare muscoli idonei del busto ma anche che la sella non sia restrittiva, per esempio di misura non adeguata o con un seggio troppo profondo, e che non si adottino sottoselle troppo spesse e imbottiture che allontanino gli ischi del cavaliere dalla schiena del cavallo rendendo la loro comunicazione meno chiara.
Immaginiamo di avere tra la sella e il nostro bacino un quadrante di orologio (si vedano immagini allegate): ciascun ischio deve poggiare in modo simmetrico su ciascuno dei due longissimus dorsi ai lati della spina dorsale del cavallo ed avere con essi la stessa qualità di contatto (come in A); se invece (come in B) uno dei due non è in contatto o se (come in C e D) non sono simmetrici rispetto alla schiena del cavallo, questo comporterà delle ripercussioni sull’equilibrio e la rettitudine del cavallo, e la perdita del controllo di un suo lato
Il cavaliere, non consapevole della posizione errata dei suoi ischi, cercherà di risolvere tali problemi ricorrendo all’uso degli aiuti di mani e gambe, diventando in tal modo reattivo piuttosto che essere in controllo mediante la ricerca costante della posizione centrata.
Posizionare correttamente i due ischi comporta la capacità di poter spostare il costato, le spalle e le anche del cavallo. Da qui si controlla tutto il corpo del cavallo.
Per l’esecuzione di alcuni movimenti (lavoro in circolo, groppa in dentro, spalla in dentro, transizioni), bisogna essere in grado di ruotare il bacino e di conseguenza la posizione degli ischi, senza che ne sia interessato il busto, di quei gradi necessari ad ottenere l’incurvamento e il movimento richiesto (immagini allegate).
Ciò permetterà di arretrare, per esempio la gamba esterna, a partire dal suo innesto nell’articolazione coxo-femorale amplificando la sua efficacia con uno spostamento minimo e quasi invisibile della stessa.
Si potranno ottenere transizioni trotto/galoppo/trotto semplicemente portando in avanti l’ischio interno e riportandolo nella sua posizione originaria, senza quasi aver bisogno di ricorrere all’aiuto delle gambe.
La rotazione del bacino non deve variare il contatto di ognuno dei due ischi con la schiena del cavallo, a meno che non venga richiesto l’uso del peso come aiuto. In questo caso anche se un ischio eserciterà anche l’aiuto di peso, l’altro comunque non dovrà perdere il contatto con la schiena del cavallo (è facile che accada).
Inoltre l’aiuto di peso dovrà essere in coordinazione con il movimento del posteriore corrispondente, ai fini di caricarlo per fletterlo, o al contrario favorire il suo avanzamento.
La migliore opzione per il cavaliere rimane comunque quella di mantenere il più possibile lo stesso peso su entrambi gli ischi.
Nei testi della letteratura classica equestre e nei manuali si parla dell’uso del peso, ma ricerche recenti hanno svelato come la spina dorsale del cavallo sia soggetta nella flessione laterale, conseguente all’avanzamento dei posteriori o all’incurvamento nel circolo, anche a rotazione trasversale delle apofisi, che può risultare essere corretta o inversa.
Ai fini, pertanto, della sua integrità nel tempo, è opportuno non interferire con il proprio peso su questa rotazione, e comunque esercitarlo in modo discontinuo.
Il bacino deve essere capace anche di ruotare sul piano verticale, sempre senza che ne sia coinvolto il busto, in modo che gli ischi restino sempre in contatto anche quando, come per esempio nel trotto, si verifica l’innalzamento e l’abbassamento di ogni lato della schiena del cavallo in corrispondenza del movimento del posteriore corrispondente.
IL RUOLO DELLA PARTE ALTA DELLE GAMBE DEL CAVALIERE
I cavalieri efficaci non adottano una staffatura molto lunga come invece è dato osservare da parte di cavalieri meno dotati. In genere si possono notare un angolo di 140 gradi al bacino e uno di 120 al ginocchio.
La ragione sta tutta nella loro capacità di utilizzare in modo efficace la parte alta delle gambe, cosa che sarebbe quasi impossibile adottando una loro disposizione vicina alla verticale.
C’è altresì una spiegazione anatomica: i movimenti della coscia e del bacino sono interconnessi in reciproca dipendenza attraverso l’articolazione coxo-femorale. Quando siamo seduti su una sella le nostre gambe non possono scendere perpendicolari perché entra in gioco l’azione bloccante del legamento iliaco-femorale. La coscia pertanto non può essere abbassata ulteriormente senza che il bacino ruoti in anteroversione, e questo comporta una posizione errata dello stesso sulla schiena del cavallo.
Le staffe troppo lunghe comportano altresì un avanzamento del centro di gravità del cavaliere rispetto a quello del cavallo.
L’influenza che un uso appropriato delle cosce del cavaliere può esercitare nel processo di innalzamento della schiena del cavallo, in coordinazione con altre azioni ovviamente, è enorme.
Esse infatti agiscono in una area importante del corpo del cavallo che è quella prossima alla congiunzione della parte cervicale con quella spinale, area che è
avvolta da un sistema di muscoli molto potenti.
Se immaginiamo il sistema dei legamenti della schiena del cavallo come una struttura simile ad un ponte sospeso i cui sostegni sono il garrese e l’articolazione
lombo-sacrale, la funzione della parte alta delle gambe del cavaliere potrebbe assimilarsi a quella di una trave.
Per poter assolvere a questo compito esse devono possedere non solo un alto tono muscolare che le renda solide, ma anche una inclinazione idonea, in quanto la loro
azione è piuttosto diretta verso il basso e in forma isometrica. Tutta la muscolatura delle cosce è coinvolta, compresi i muscoli abduttori, e la loro azione dovrebbe essere come sempre di tipo
discontinuo.
Una influenza non secondaria sulla corretta posizione delle gambe è esercitata dal punto di attacco degli staffili alla sella.
Questo punto deve collocarsi in modo che, con l’allineamento delle varie parti del corpo del cavaliere e l’adozione di un angolo appropriato al bacino e al ginocchio, gli staffili rimangano verticali rispetto al terreno.
LA PRESSIONE SULLE STAFFE
La questione del peso che il cavaliere esercita sulle staffe è spesso sottovalutata a tal punto che si vedono cavalieri anche di
alto livello avere un contatto sulle staffe non proprio corretto, sia in termini di posizione del piede in esse (talloni troppo bassi o addirittura in punta) sia in termini di eccessivo peso o
di variazione dello stesso su di esse (ad esempio nel trotto sollevato).
Eppure la pressione sulle staffe è anch'essa un aiuto, che dovrebbe pertanto essere gestito ed applicato in coordinazione con gli altri aiuti.
Non solo: il peso sulle staffe è trasmesso attraverso gli staffili nel loro punto di attacco alla sella e quindi in una zona molto ristretta situata a ridosso del garrese, zona che è molto sensibile,
e quindi il suo effetto è molto più grande di quello esercitato da pressioni su aree più vaste.
E' molto raro, ad esempio, vedere un trotto sollevato correttamente eseguito. Spesso i cavalieri sembrano alzarsi sulle staffe e variare di conseguenza il peso su di esse ad ogni falcata.
In realtà il trotto sollevato dovrebbe prodursi con il bacino che descriva un arco di cerchio con al centro di esso le ginocchia, con una leggera inclinazione del busto nel momento della seduta e
l'apertura di tutti gli angoli in quello sollevato, in modo tale che le spalle e la testa del cavaliere rimangano alla stessa altezza lungo
la linea orizzontale del movimento.
A tal fine il contatto con la sella dovrebbe estendersi su tutta l'area interna delle cosce in modo che il peso sulle staffe rimanga invariato.
E' evidente quindi come anche la pressione sulle staffe soggiaccia alle stesse regole degli altri aiuti: cioè essa deve essere usata consapevolmente, e sempre in modo
discontinuo, per ottenere un risultato, e cessata quando non più necessario.
© Fabrizio Buccarella