Cenni di Storia e Teoria dell'Equitazione

La storia dell’equitazione è spesso poco conosciuta tra coloro che praticano questa disciplina per il semplice motivo che il suo insegnamento si è sempre fatto e si continua a fare secondo una pedagogia fondata esclusivamente sulla pratica. Ne consegue che un insegnamento avente per base sia lo studio dei differenti metodi dei maestri antichi e moderni sia l’analisi della “meccanica equestre” è generalmente trascurato.

Senza entrare nei dettagli storici, che richiederebbero una trattazione ben più corposa, si può tracciare l’evoluzione dell’equitazione in grandi linee attraverso i secoli:

1. Dalle origini a Senofonte

Senofonte

È nel cuore di una vasta regione dell’Asia, compresa tra il mare d’Aral, il bacino del Syr Daria e l’altipiano della Mongolia, che si può situare il luogo di diffusione delle razze equine predisposte alla sella, e la culla dell’equitazione.

Sfortunatamente, tra i popoli cavalieri dell’Antichità,. ad eccezione degli Arabi, nessuno ha lasciato degli scritti sulla equitazione.

Il primo trattato equestre che ci sia pervenuto integralmente è quello scritto all’incirca nel 400 A.C. dal filosofo e storico, nonché cavaliere e uomo di stato, Senofonte.

Prima di lui Simone di Atene aveva scritto un corposo e dettagliato libro sull’arte equestre, che Senofonte stesso cita ripetutamente. Purtroppo questo libro è andato perduto così come quello scritto da Plinio, anch’esso menzionato da Senofonte.

Il trattato di quest’ultimo consiste essenzialmente di un manuale di addestramento per l’impiego del cavallo nella prospettiva di una sua utilizzazione militare, ma nondimeno due capitoli sono consacrati all’alta scuola, dove si parla della flessione della ganascia e della riunione, dell’innalzamento dell’incollatura, e della leggerezza.

Più di 2000 anni prima di Baucher, Senofonte parla di flessibilità dell’incollatura attraverso  la decontrazione della bocca. Per la prima volta inoltre appare la distinzione tra equitazione di guerra ed equitazione di maneggio.                     

Ma quello che più meraviglia sono la precisione delle sue spiegazioni e la comprensione profonda delle sensazioni del cavallo. I suoi precetti di addestramento erano fondati sull’intuizione e il trattamento dolce dell’animale.

2. Da Senofonte al Rinascimento

La Storia attraversa un lungo periodo durante il quale l’equitazione non farà quasi progressi.

Le numerose invasioni che attraversarono, da Senofonte a Carlomagno, il mondo romano e l’Occidente, ebbero il merito, sul piano equestre, di portarci alcune scoperte di grande interesse: il morso, la ferratura, la sella con arcione, la staffa.

L’Europa del Rinascimento fonderà la sua equitazione sulla base delle conoscenze che l’invasione araba del VII  sec. apportò in Occidente, e che si svilupperà principalmente in due ambiti:

- L’Italia del Sud, dove nel Regno di Sicilia i contatti culturali furono costanti tra Cristianità e Islam. Dal 1134, un gruppo di ecuyers  bizantini fondarono una accademia di equitazione, antenata della Scuola Napoletana;

- La Spagna dove, nei combattimenti della Reconquista, per alcuni secoli, i cavalieri spagnoli si adattarono alle tecniche dei loro avversari (monta “a la genette”).

3. Il Rinascimento

Antoine de Pluvinel

Non c’è da meravigliarsi pertanto che nel XVI e XVII secolo si stabilirono due correnti equestri distinte:

 

1.         Nel Sud dell’Italia si sviluppò la corrente che sarà definita “classica”.

Una Accademia di Equitazione vi fu istituita nella prima metà del XVI secolo da Federico Grisone, che generò numerosi seguaci: cominciarono ad apparire molti scritti nei quali erano descritti principi e metodi diversi di dressage.

Grisone stesso fu l’autore di un importante libro sull’argomento: Gli ordini di Cavalcare (1550).

Più o meno nella stessa epoca, Cesare Fiaschi fondò a Napoli una scuola di equitazione che divenne presto celebre.

Giovanni Battista Pignatelli, loro discepolo, formò a partire del 1550 numerosi ecuyers che si recarono in tutta l’Europa occidentale.

Il metodo degli ecuyers napoletani, applicato a dei cavalli pesanti, ricorreva a mezzi empirici e brutali: proponevano l’impulso, ricercavano l’equilibrio sulle anche attraverso una flessibilità dei posteriori, ma, al contrario di Senofonte, rigettavano l’importanza della flessibilità dell’incollatura.

Il loro insegnamento sarà introdotto in Francia da due allievi di Pignatelli: Salomon de La Broue (1552-1602), considerato come il “restauratore”, autore di uno dei più antichi trattati equestri, “Le Cavalier Francais”, e Antoine de Pluvinel (1555-1620), denominato il “fondatore”.

L’apporto di questi primi maestri dell’equitazione francese sfocerà nella istituzione della

Ecole de Versailles” nel 1680, e del “Manege Royal des Tuileries” nel 1730, con Francois Robichon de La Gueriniere (1687-1751), padre dell’equitazione classica accademica e autore di un testo fondamentale: Ecole de la Cavalerie (1733).

A tal proposito è da menzionare la grande influenza esercitata su quest’ultimo da un grande cavaliere inglese, the Duke of Newcastle (1592-1676) che descrisse i suoi originali metodi di addestramento in un libro pubblicato nel 1658: A General System of Horsemanship.

2.         In Spagna e in Portogallo si sviluppò la corrente dell’equitazione militare detta “a la genette”, che si perpetuerà fino al XVIII secolo, dove finirà per rinnovarsi con la tauromachia, senza prima essere trasmessa in America dove evolverà verso una equitazione di lavoro.

 

4. A partire dalla metà del XVIII Secolo

Baucher

1.         In Francia, si svilupparono diverse correnti:

 

1.         1. quella classica, nella quale possiamo iscrivere Cordier, responsabile dell’Ecole de Cavalerie di Saumur, e soprattutto il conte d’Aure (1799-1863), che entrambi hanno tentato di adattare sia ai gusti nuovi del mondo civile sia alle necessità dell’equitazione militare, pur rimanendo fedeli al principio di base della scuola classica: l’equilibrio attraverso la riunione;

 

1.         2. La corrente militare, propriamente detta, che si evolverà considerevolmente dalla fine del XVIII secolo fino a quella del XIX secolo. Possiamo citare Melfort d’Auvergne, che semplificò l’equitazione classica, e il generale de Beauchesne, che rigettava puramente e semplicemente la riunione;

 

1.         3. infine la corrente rappresentata dai lavori di Baucher (1796-1873), contemporaneo e rivale del conte d’Aure, che rifiutò quasi la totalità dell’eredità classica e si considerò un creatore senza precedenti.

La sua scuola pretenderà persino di essere per così dire generalista: di adattarsi cioè sia all’equitazione di alta scuola, che a quella militare e di campagna.

Di fronte a questa esplosione del pensiero equestre in Francia, dei maestri di grande talento, più dediti alla pratica che alla teoria, tentarono di metterne insieme gli aspetti migliori.

Essi furono Duthil e Fillis nel XIX secolo, e Saint-Phalle e Wattel nel XX.

Fu comunque il generale L’Hotte (1825-1904) a prendere il meglio degli insegnamenti dei due grandi maestri, d’Aure e Baucher, e a limarne gli eccessi.

La dottrina, esplicitata nel suo libro più importante “Questions Equestres” e sintetizzata nel suo detto “in avanti, calmo, diritto”, che egli adottò al Manege de Saumur, si rifece ai principi del conte d’Aure per l’equitazione di campagna, e a quelli di Baucher per l’equitazione d’alta scuola.

Fu lui che fece adottare il trotto sollevato nella cavalleria.

Alla sua morte il mondo equestre francese fu a lungo diviso dalle dispute di metodo del secolo precedente ed è in questo contesto, fortemente sentita la necessità di una unità nell’istruzione della cavalleria, che il tenente-colonello Biasque-Delair tentò di unificare l’eredità equestre francese in un documento ufficiale “Le Manuel d’equitation et de dressage” del 1912, sulla cui base alcuni cavalieri militari di grande talento aggiunsero gli sviluppi necessari per pervenire all’alta scuola.

Tra questi si distinse il generale Albert Decarpentry (1878-1956).

Essendo stato a lungo giudice di Dressage, avvertì la necessità di un testo che aiutasse i cavalieri per i test e compilò un libro importante, “Equitation Acadèmique”, che lui stesso definì con modestia un compendio degli insegnamenti dei grandi maestri.

Gustav Steinbrecht

      2. In Germania: Federico il Grande ripensa l’equitazione per adattarla alle necessità della guerra e, alla fine del XVIII secolo, il maestro Louis Hunersdorf concretizzerà questa evoluzione in un trattato.

Ma in questo paese un’influenza determinante fu esercitata, nella prima parte del XIX secolo, da Max Ritter von Weyrother.

Sedler, Seeger e Oeynhausen, che erano suoi discepoli, furono così potenti da soppiantare gli insegnamenti di Baucher e imporre i loro metodi.

Basti pensare che è su quest’ultimi che si basa uno dei libri più importanti “La Palestra del Cavallo”, curato prima da Paul Plinzner (con alcune sue aggiunte) e completato dal colonnello Hans von Heydebreck nel 1935, e che raccoglie gli scritti  di Gustav Steinbrecht (1808-1885).

In questo libro appare in modo evidente l’opposizione di Steinbrecht  al metodo di Baucher di intervenire isolatamente sulle diverse parti del corpo del cavallo e  dall’inizio renderlo mobile in tutte le direzioni, mentre per il maestro tedesco è su tutto il corpo del cavallo che bisogna agire e prima imporre ad esso il movimento in avanti mantenendolo diritto, e solo dopo ricercare la flessione;

Alois Podhajsky

      3. In Austria, la Scuola Spagnola di Vienna, è quella che ha conservato fino alla nostra epoca la corrente classica più pura, basata sugli insegnamenti di de La Gueriniere.

H.E. von Holbein, direttore della Scuola fino al 1901, delineò i metodi di addestramento da seguire in una pubblicazione del 1898, “Directives”.

Un altro influente direttore della Scuola fu a partire dal 1939 il colonnello austro-ungarico Alois Podhajsky (1898-1973), che, durantela Seconda Guerra Mondiale riuscì a salvare i cavalli della Scuola mettendoli, con l’aiuto del Generale Patton sotto protezione americana.

Uno dei suoi libri, “Die Klassische Reitkunst”, è una guida dettagliata attraverso le varie fasi dell’addestramento.

Federico Caprilli

      4. In Italia, la corrente classica, che qui aveva avuto i suoi natali, agli inizi del XX sec. era del tutto negletta.

Ma un cavaliere di genio, Federico Caprilli (1868-1907), ha rivoluzionato il modo di montare a cavallo sugli ostacoli.

Fino ad allora i cavalieri affrontavano gli ostacoli con una posizione del busto arretrata e staffe lunghe.

Caprilli al contrario pensò che fosse più  opportuno seguire il movimento del cavallo durante il salto, in modo da permettergli di usare l’incollatura come bilanciere.              

Ciò comportò un cambiamento radicale dell’assetto del cavaliere in modo che, adottando staffe più corte, il suo baricentro si trovasse sempre in accordo con quello  del cavallo.

Egli chiamò il suo metodo “Sistema Naturale di Equitazione”.

Caprilli era convinto che un addestramento sistematico e specifico fosse necessario per il salto e all’uopo inventò un dispositivo che ormai fa parte integrante del programma di lavoro del cavallo sul salto: i cavalletti.

Il suo metodo fu adottato presto dalle maggiori scuole di cavalleria d’Europa, e molte nazioni allestirono strutture simili alla Scuola di cavalleria di Pinerolo.

In Francia è stato il colonnello Pierre Danloux (1878-1943), direttore a Saumur dal 1929 al 1933, che fece adottare alla Scuola il metodo Caprilli, pur con alcune variazioni.

Danloux è stato l’inventore della sella che ha reso più agevole montare secondo i dettami del Sistema Naturale di Equitazione.

Bertalan de Némethy

In America un grande cavaliere di origini ungheresi, Bertalan de Némethy (1911-2002), divenuto nel 1955 preparatore della squadra nazionale americana di salto d’ostacoli,  ha basato sul metodo Caprilli, combinato con i precetti dei grandi maestri dell’equitazione classica, il suo sistema di addestramento descritto nel libro “The de Némethy Method”.

George H. Morris, che in passato è stato membro della squadra equestre americana, ha fondato a sua volta un suo metodo che si rifà espressamente a quello di Caprilli e che ha descritto nel libro “Hunter Seat Equitation”.

 In Germania Il Sistema di Equitazione Naturale è stato recepito molto lentamente.

Il colonnello von Flotow è stato il responsabile della sua introduzione nella Scuola di Cavalleria di Hannover.

Un grande cavaliere, campione olimpionico di dressage, Reiner Klimke (1936-1999), ha scritto un libro “Cavalletti”, interamente dedicato a questo dispositivo di addestramento del cavallo e del cavaliere inventato da Caprilli.

Nuno Oliveira

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Non si può concludere questi cenni senza menzionare un cavaliere portoghese, Nuno Oliveira (1925-1989), che ha esercitato, in tempi recenti una grande influenza  sui cavalieri attenti nell’addestramento alla leggerezza e all’armonia, così come al profondo amore e rispetto nei confronti del cavallo.

Reflexions sur l’Art Equestre”, a cura di Crepin Leblond, è il libro che illustra nel modo più fedele il pensiero e il lavoro di questo grande maestro dell’equitazione classica.

5. Alcuni recenti sviluppi in America

Monty Roberts

Un capitolo a parte, infine, costituiscono i metodi di doma ed addestramento fondati soprattutto su un rapporto uomo-cavallo diverso da quello finora generalmente praticato, e che sono stati perfezionati  in America nella così detta equitazione di lavoro.

Monty Roberts, Pat Parelli, John Lyons, fra gli altri, hanno prodotto una vasta letteratura, documenti visivi, fondato scuole, ma soprattutto conquistato molti proseliti anche nella culla dell’equitazione classica, l’Europa.

E’ un dato di fatto ormai che molti importanti cavalieri, in tutte le discipline olimpiche, inglobino nel loro lavoro con il cavallo e con quello giovane in particolare, alcune delle loro tecniche.

© Fabrizio Buccarella